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Beppe Serafini

Nacque a Montelupo Fiorentino il 20 ottobre 1915, dove è scomparso il 23 giugno 1987.
Il padre Gino era pescatore in Arno, sua madre Amelia era impagliatrice di fiaschi.
Esercitò la professione di ceramista e per passione quella di pittore fin da ragazzo, ma a causa della povertà della sua famiglia, non poteva acquistare i colori, così inventò una sua tecnica pittorica e incisoria insieme.
Venne scoperto nel 1970 da Antonio Possenti, che lo presentò collocandolo tra i pittori naifs.
Nel 1976 tenne un'imnportante mostra a Palazzo Strozzi a Firenze.
Ha esposto in varie città: Milano, Viareggio, Bologna, Francoforte, Siena, Nizza.
Ha sempre ritratto il suo mondo,la povertà vissuta, gli umili mestieri. Inconfondibili i suoi buoi e colombe, gli uomini e le donne dalle sembianze rudi e i grandi occhi spalancati, immersi in un'atmosfera che esprime tutta la genuina sincerità dell'autore.

Gabriella Gentilini, con notizie attinte da varie fonti.

"La cura di Serafini non è certo quella di replicare il codice stampato e rigido dei naïfs, ma di ottenere un linguaggio duttile, aderente alla mobilità del senso e della fantasia: un linguaggio estroso e perfino prezioso che pur senza malizia e con fondamentale innocenza subordini il pittoresco oggettivo alla luce cangiante della sensibilità e del desiderio. Infatti nella sua pittura c'è tanta fluidità e avventura quanta fissità e quanto stordimento nei naïfs".1Con queste parole Mario Luzi presentò Beppe Serafini alla mostra del 1976 in Palazzo Strozzi, consacrazione definitiva dell'artista. Il suo inserimento nel volume I naïfs italiani a cura di Mario De Micheli e Renzo Maigonari (Parma, 1973) lo rese noto, ma lo costrinse in una categoria a cui apparteneva solo in parte.
Popolaresca, grottesca...ma non ingenua: quella di Beppe Serafini è una pittura difficile, che mette in scena un mondo di umili, appartenenti ad un ambiente contadino ormai anacronistico e in lotta con la modernità. La radice del linguaggio di Serafini può esser ricercata in Ligabue; ma si avvicina anche all'Espressionismo tedesco e a Viani, privato, certo, della preponderanza drammatica. Lo stile dell'artista di Montelupo può richiamare questi modelli e molti altri: non ultimo, quello del Doganiere Rousseau. Rimane però profondamente personale. La scelta tecnica ha in questo un grande peso: infatti Beppe Serafini iniziò come ceramista e la sua formazione lascia la scia sulle opere pittoriche. Il suo supporto preferito era il cartone, che assorbe l'olio eliminando le emergenze. Il pittore incideva i contorni delle figure fino a sfiorare la preparazione. Alla fine, stendeva uno strato di vernice per lucidare la superficie. Una metodologia inventata da lui, che ricalca le esigenze formali di un occhio abituato alla ceramica.
Fu nel 1967 che Beppe Serafini abbandonò la fabbrica di Montelupo dove era impiegato come operaio, per dedicarsi interamente alla pittura. Antonio Possenti ebbe un ruolo notevole nel suo lancio commerciale. Scrisse per lui la presentazione per una mostra alla Galleria La Mossa di Siena nel 1967 e nel 1972 lo presentò a Vittorio Grotti. Il poeta, scrittore e curatore lo selezionò per una mostra nel suo centro espositivo Ai Frati , nel chiostro di San Domenico a Cagliari.
Da quel momento, il successo di mercato e di critica di Beppe Serafini fu straordinario. La stampa puntò i riflettori su di lui e lo trasformò in personaggio.
Luigi Testaferrata pubblicò nel marzo 1987, con Vallecchi (Firenze), un romanzo ispirato alla vita dell'artista: "Tenera come una colomba".
"Da bambino, tutti mi guardavano per la mia bellezza. A scuola la mia intelligenza era superiore agli altri bambini tanto da vincere tutti i premi. Un giorno il destino volle farmi un brutto scherzo; correndo in bicicletta, caddi e mi si ruppe la ghiandola dell'ipofisi; da allora cominciai il mio calvario, soffrivo terribilmente e cominciai a bere"2.
La pittura è stata per Serafini il riscatto da una condizione sociale di emarginazione, fonte di invidia locale ed ammirazione nazionale3. "Un giorno un mio amico mi disse: «Perché non la fai finita di dipingere?». Io gli risposi: «Forse perché mi diverto tanto»4.

1 Beppe Serafini, cat. mostra alla Galleria Santacroce, testo di Mario Luzi, Firenze, 1979
2 B. SERAFINI, La mia vita, in "Beppe Serafini, catalogo ragionato generale", a cura di Paola Mastelli, con testi di Tommaso Paloscia, 1997, vol.I, p. 17
3 Idem, p. 20
4Ibidem

Opere di Beppe Serafini (20)

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