La Tradzione nei suoi aspetti veristici più schietti ed evidenti, è la bitta alla quale risulta ormeggiata la pittura di Francesco Casa, in arte Cafrà.
Un realista questo Cafrà, che è riuscito ad affinare i mezzi "tradizionali", attraverso una lunga attività, (che è studio, ricerca, meditazione), attraverso una razionale indagine, evidente, anche sotto il profilo umano,della vita che lui vive,che noi viviamo tutti i giorni.Ne escono pezzi di tutto rispetto brandelli dell'anima dei poveri, angosce di donne in attesa; e rughe sui visi scagliosi e irti dei vecchi navarchi; e polvere bianca sui calzari dei viandanti.
Una tutta particolare poetica, prorompe nelle tele e dalle tele di Cafrà, pittore dei derelitti, cantore stupendo delle miserie umane e delle elevazioni spirituali di chi soffre con rassegnazione senza alcuna protesta.
Volti rugosi di uomini al tramonto,l'umanità, nei suoi aspetti più tipici, sanamente descritta con solennità, con un senso di religione.
Perchè per Cafrà, per i suoi colori, la miseria,l'umanità sofferente,costituiscono una vera e propria religione spirituale e quindi artistica.
E se riteniamo di soffermarci, una vlta tanto, più sulla tematica che sull'opera di Cafrà, è perchè quest'opera merita, pensiamo, di essere sottolineata, appunto sotto l'aspetto del suo tema predominante, i "barboni".
Un tema suggestivo che offre al nostro il modo di esprimere con efficacia, attraverso la sua tormentata tavolozza, i suoi sentimenti e le sue emozioni.
Luciano Marcucci della "Nazione" di Firnze, Aprile 1968