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Alida Ugolini Angiolucci

"Il senso delle cose"

LIBRO DELLE VISITE
La mostra si è conclusa il 08/08/2008


CONTATTI:
Tel. 055 2298932
angiolucci@gilardinishoes.it

Alida Ugolini Angiolucci nasce ed opera a Firenze.
Dopo una laurea ad indirizzo tecnico inizia n percorso artistico seguendo corsi all’Accademia di Belle Arti e alla Scuola del Nudo nella sua città.
Le sue scelte e la sua maturità artistica vengono segnate dall’incontro con Isa Petrozzani, allieva di Primo Conti, una delle poche pittrici del Novecento fiorentino di apertura internazionale, profonda conoscitrice di arte moderna ed insegnante a Villa Schifanoia, sede di corsi di pittura per diplomati americani. Con lei Alida Ugolini ha intrapreso un lungo e proficuo lavoro di crescita artistica.
La naturale prima ispirazione tratta dalla sua fiorentinità, che ancora parte dalla realtà - sua vera fonte - si è trasformata nel tempo, grazie anche ad una viva fantasia, in una più ampia ricerca di sintesi fra colore e movimento. Su questa via Alida Ugolini Angiolucci è tuttora in costante evoluzione.
Ha partecipato a varie esposizioni anche fuori d’Italia e i suoi lavori si trovano in collezioni all’estero.


Alida Ugolini non ama dare titoli ai suoi quadri: fermare con le parole un processo creativo che pare non interrompersi mai, immagine dopo immagine, deve sembrarle innaturale. Perché la sua pittura è sempre stata percorsa da un germe di sperimentazione, da una costante inquietudine che faceva vibrare la pagina, quasi le forme fossero sempre sul’orlo di una metamorfosi totale. Sussulti interni che innescavano nella pittrice emozioni intense, in cui predominavano curiosità e stupore, ma anche timore.
Una specie di cautela reverenziale nei confronti dei suoi racconti di figure, di quell’hortus conclusus fato di intimo lirismo.
Si ha così la sensazione che Ugolini nei lavori recenti abbia assecondato quel movimento germinativo che l’avrebbe allontanata dal segno descrittivo, per avventurarsi fin dentro al valore poetico del dato visivo, scoprendovi qualcosa del mondo che se è scomparso nel vero, comunque persiste dentro di noi, qualcosa che non è consentito conoscere se non attraverso una profonda adesione emotiva all’insieme naturale, e non è possibile raccontare altro che con la pittura, per mezzo del lento, quasi rituale concrescere di pensiero e disegno, di emozione colore. Paesaggi, scorci urbani, edifici, perdono i loro connotati di pura notazione ambientale e si compongono in una struttura complessa, più affine alla trasfigurazione interiore; ovvero Ugolini non ritrae le cose, ma il loro “succo” visivo, la loro significanza attraverso la propria percezione mentale.
Nella trascrizione pitorica dell’ambiente osservato al di là degli schemi, ogni condizione naturale ha la ricchezza specifica dei fenomeni che si ripetono da millenni: fulminazione di luci, crescita e dileguarsi di riflessi nell’aria, il colore che si frammenta, e ogni orizzonte fatto solo di contrasti fra colore che è anche volume, struttura plastica, e luce che è prospettiva e spazio, movimento e vastità di vita.
Una precisazione di lavoro che dunque si orienta più verso la percezione delle forme, che non alla loro descrizione; Ugolini sceglie infine di oltrepassare il sottile diaframma che separa apparenza da sostanza.
Nelle sue tele lo spazio va via si carica di assonanze, di lame che aprono squarci inattesi, si accumulano sonorità e silenzi: l’artista stende pittura con attenzione a quanto può diventare immagine non per riscontro e ripetizione diretta, ma per ricostruzione poetica, per identificazione di un certo momento naturale nel quale la sua sensibilità attinge dall’esterno come dal proprio essere intimo.
E’ uno strappo nelle condizioni odierne, e forse anche un residuo di speranza, che permette alla pittrice di ricordarci che cosa si trova oltre lo schermo degli occhi, oltre la desolazione delle immagini d’intrattenimento cui il contemporaneo ci ha abituai. C’è infine una sorta di forza “morale” nel fare pittorico di Ugolini; alla pittura lei consegna non l’eco della cronaca ma l’essenza di ciò che rappresenta per l’uomo confondersi col fluire dell’esistenza, mostrare la propria libertà creativa anche da questi nostri angoli periferici della civiltà condizionati dalle altrui fortune.
Nicola Nuti

Firenze, maggio 2005













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