Romano Lisi è nato a Firenze, nel quartiere di S. Frediano, nel 1933 e tuttora risiede e lavora in Oltrarno. Di professione orafo e scultore in argento, si è formato giovanissimo alla bottega dei suoi due fratelli, dove ha appreso le antiche tecniche che continua a tramandare attraverso i suoi lavori. Appassionato allo studio dell’arte e grande disegnatore, si è avvicinato alle opere di Callot, a cui si è ispirato nella rappresentazione di figure popolari e caricaturali, che ha riportato anche in pittura.
Di carattere riservato, ha sempre privilegiato la dimensione artigiana, lavorando con importanti aziende in Italia e all’estero, ma non si è mai dedicato all’attività divulgativa ed espositiva della sua notevole ed originalissima produzione pittorica.
Gabriella Gentilini
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ROMANO LISI, UNA FIABA MODERNA
Non avrebbe di certo sfigurato alla corte medicea, accanto a un Cellini o a un Giambologna, ma purtroppo, o per fortuna, Romano Lisi è uomo del nostro tempo, erede e continuatore di una preziosa tradizione che in riva d’Arno ha sempre espresso i suoi valori più alti.
Orafo e argentiere, formatosi rigorosamente alla bottega artigiana, progetta e realizza le sue sculture, seguendo le antiche tecniche. Acuto osservatore della realtà e fedele alla lezione toscana nel privilegiare il disegno come fondamento dell’arte, Lisi svolge un percorso parallelo in pittura, ricollegandosi al filone di genere, assai frequentato in Europa tra Sei e Settecento.
Individuato un punto di contatto con le opere realizzate da Jacques Callot durante il suo soggiorno a Firenze, Lisi articola il proprio linguaggio attorno alle figure dei “Gobbi” e all’interesse, più onirico che reale, per l’essere deforme, che sfocia nel caricaturale, senza tuttavia mai infierire, bensì sottolineando con estrosa maestria, un gusto ironico per il grottesco.
Nascono così immagini di un mondo fiabesco dai risvolti inquietanti e veri, popolato di piccoli eroi che lottano per il bene, o scene di vita popolare tra il medioevale e il moderno, in cui è sotteso il richiamo alla caducità della vita, rappresentata nelle sue diverse fasi, dalla nascita alla morte.
La raffigurazione di elementi architettonici o naturalistici, talvolta in maniera palese nel caso del paesaggio, oppure evocati per simboli, fa da sfondo a narrazioni ora in chiave giocosa, ora seria, spaziando dalla festosità alla solitudine, dal dramma silenzioso della guerra all’universalità del genere umano. Moderna fiaba intrecciata al vissuto, che suona come un messaggio, un monito, un invito ad abbandonare l’odio che genera odio, a guardarsi dentro e a porsi dall’altra parte, come nella Natività, vista dall’interno della grotta.
Una versatile padronanza tecnica e formale consente all’artista di muoversi in mezzo a scenari diversi con disinvoltura e magica fantasia, servendosi di atmosfere antiche per parlarci di attualità. La semplificazione naive di volumi e spazio, insieme ad un cromatismo puro e intenso, scandiscono i ritmi di una indagine incessante sui comportamenti delle persone, sui sentimenti e sulla realtà quotidiana delle cose.
Con la sua pittura singolare e apparentemente ingenua, ma accuratissima e meditata, ricca di spunti che brillano per originalità e forza riflessiva, Romano Lisi si rende interprete solitario e appassionato, di un mondo che è il nostro, fatto soprattutto di incontri e di rapporti umani che per la nostra incuria, troppo spesso dimentichiamo.
GABRIELLA GENTILINI
Firenze, febbraio 2007